In piazza Duomo a Milano, martedì 17 settembre, è stato organizzato un sit-in per la sostenibilità nella moda da parte delle attiviste di Peta, acronimo di People for the Ethical Treatment of Animals

La protesta era rivolta ad alcune aziende di moda presenti alla Milano Fashion Week che si tiene questa settimana.

No alle pellicce: “La pelle che indossi è di un altro. Vesti vegano”. Questo era lo slogan delle attiviste di Peta.

Più di 60 milioni di animali vengono uccisi ogni anno

Visoni, volpi, conigli, procioni e foche, sono costretti per tutta lo loro vita nelle gabbie di un allevamento o catturati con metodi cruenti nei loro ambienti naturali.

Per non parlare di tutta la sofferenza che si nasconde anche dietro alla produzione di pelle, lana, seta e piume d’oca.

È moralmente inaccettabile che milioni di animali vengano spiumati vivi o che vengano tosati violentemente per soddisfare le voglie di qualche donna ricca o di qualche giovane ragazza in cerca di attenzioni.

La svolta di alcuni grandi brand dell’alta moda

Sono moltissimi gli animali in via di estinzione, ma già dall’anno scorso alcuni brand hanno incominciato a scegliere materiali alternativi.

Il primo a fare questa scelta è stato VF Corporation (che ha più di 20 marchi tra i quali Vans, The North Face, Timberland, Wrangler, Lee e Napapijri) che ha detto stop alla pelliccia degli animali.

Gucci, a partire dalla collezione primavera/estate del 2018, non ha più utilizzato questo tipo di materiale.

Altri brand come Armani, Stella McCartney e Hugo Boss hanno seguito il suo esempio.

Il fast fashion e le sue “brutture”

Queste problematiche non riguardano solo l’alta modo ma anche il fast fashion.

H&M, Zara o Primark  dovrebbero assumersi la responsabilità di investire in una produzione più etica e sostenibile come hanno già fatto alcuni brand di alta moda di cui ho parlato sopra.

Dati i prezzi così bassi dei capi di queste catene, è inevitabile che si punti a una produzione che tralascia l’attenzione verso l’ambiente. Per esempio, le fasi della sbiancatura e tintura della tua maglietta bianca, in realtà, sono molto più inquinanti di quello che sembra.

Infatti, si impiegano metalli pesanti che finiscono nell’ambiente e che addirittura posso accumularsi nell’organismo umano provocando danni agli organi (tiroide, fegato e reni prima di tutto).

E non finisce qui! Molto spesso l’invenduto viene bruciato, provocando emissioni di anidride carbonica per 1,35 tonnellate per megawattora, più della combustione del carbone e del gas naturale.

A sensibilizzare i marchi di alta moda che non hanno ancora fatto nulla al riguardo ci ha pensato il movimento People for the Ethical Treatment of Animals (Peta)… viva le proteste di chi si batte per i diritti degli animali!

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